lunedì 10 settembre 2012

A picco Pil e consumi. A ottobre possibili tagli agli incentivi alle imprese e tax expenditure

Il Pil arretra. Perde, nel secondo trimestre 2012, il 2,6% a distanza di un anno. In termini nominali sono 6 miliardi abbondanti di ricchezza nazionale andati in fumo in soli dodici mesi. Ma la perdita supera i 9 miliardi se calcolata al netto dell’inflazione.
La ripresa? C’è chi avverte già i primi segnali di svolta, anche a Palazzo Chigi. E chi guarda invece con crescente preoccupazione all’autunno e a tutto il prossimo inverno. Soprattutto in relazione ai possibili effetti occupazionali della crisi e alle ulteriori ricadute sui consumi, con la spesa delle famiglie “dimagrita”, nel periodo aprile-giugno, del 3,6% rispetto a un anno fa, il risultato peggiore dall’inizio della Grande crisi.
Chi paga? Tra i vari capitoli sicuramente abbigliamento e calzature, che non superano ormai il 7% di quota della spesa totale delle famiglie italiane. Interessante, al riguardo, quanto rilevato nel Rapporto Coop 2012 su consumi e distribuzione. Si legge nello studio: “(…) se l'andamento dei consumi totali delle famiglie italiane, ad eccezione del biennio di recessione 2008-09, è stato sempre positivo negli ultimi dieci anni, per i consumi di abbigliamento e calzature la situazione è opposta. Dal 2001 solo in due anni (2006 e 2007) l'andamento della spesa è stato marginalmente positivo. Per tutti gli altri, e in particolar modo per gli ultimi, le variazioni sono sempre state negative”.
Passiamo adesso alla politica economica. Per ora è ancora una bozza. Ma a breve il Governo Monti dovrebbe varare il cosiddetto decreto sviluppo bis, facendo perno su Agenda Digitale (lancio della banda larga, sviluppo della web economy) e start-up innovative.
Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Vittorio Grilli, ribadisce che non ci saranno altre manovre correttive. Ma il Governo, come è noto, dovrà trovare la copertura finanziaria per evitare l’aumento di due punti di Iva partire dal luglio 2013.
Il veicolo, a quanto pare, sarà un decreto legge collegato alla legge di stabilità  o quest’ultima direttamente, da adottare entro metà ottobre. Bisognerà,  con l’occasione, trovare 6 miliardi e mezzo di euro (a tanto ammonta il gettito derivante dal doppio aumento dell’Iva). Le ipotesi allo studio sono al momento tre: la tax expenditure, la revisione cioè di deduzioni, detrazioni, esenzioni d’imposta e altri benefici fiscali; il second round della spending review, con tagli ai bilanci delle società in house di enti territoriali e ulteriore riordino degli enti pubblici e, in ultimo, la riduzione degli incentivi alle imprese.
Nessuna di queste misure potrà, obiettivamente, rilanciare i consumi. Tanto meno l’economia. Anzi correranno il rischio di annullare, con ulteriori effetti depressivi sull’attività economica, gli effetti positivi sul risanamento dei conti pubblici.
Speriamo solo di non finire commissariati. Considerando che solo dopo la firma di un Memorandum of understanding e il ricorso al fondo salva Stati  (Efsf, e in futuro Esm, sempre che la Corte costituzionale tedesca non lo bocci) - il tutto sotto la stretta vigilanza del Fmi - potrà scattare l’acquisto di bond fino a tre anni di vita residua da parte della Bce sul mercato secondario (Omt, Outright monetary transactions, meglio noto come scudo anti-spread).
L’alternativa? Andare avanti con le nostre forze… spread permettendo.

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